Parliamo di soldi e rimborsi, LeAli alla Sicilia

 

 

 

“Le liste non sono ancora state presentate, ma la campagna elettorale è già partita. Le strade e le contrade di Sicilia sono colme di faccioni di presunti leaders, forse sconosciuti anche nel loro condominio che, ammiccando con slogan che fanno apparire quale pericoloso pensatore anche Cetto Laqualunque, soddisfano un proprio delirio egolatrico. Neanche lontano parente della politica”.

“Abbiamo due proposte da fare – ha detto Davide Giacalone, di LeAli alla Sicilia -: 1. Visto che la Guardia di Finanza s’è fatta occhiuta anche per gli scontrini nei bar, in base alla dottrina che pure nelle piccole cose occorre avere rispetto della legge, sarebbe bene che non si distraesse circa l’entità, la trasparenza e la sostenibilità di certe spese elettorali. Se un candidato investe quel che potrebbe guadagnare, ove eletto, nel corso di due legislature, è segno che o è ricco di famiglia, o è ricco di finanziatori, o è ricco di magagne. Meglio accertare subito, così non ci ritroviamo i processi agli eletti; 2. Il ‘rimborso’ elettorale si chiama così perché serve a coprire le spese fatte, con le quali si è alimentato il dibattito democratico. Se il ‘rimborso’, che è commisurato ai voti presi, supera le spese documentate non si chiama più tale, ove la lingua italiana abbia ancora un senso, ma si denomina ‘spreco’, o ‘dilapidazione di soldi pubblici’. Ebbene, chiediamo che nessuno, quanti che siano i voti raccolti, riceva mai in rimborso più di quanto ha, prima delle elezioni, documentato di avere speso”.

“Nel caso di LeAli alla Sicilia – ha concluso Giacalone – si tratterà di una cifra intorno ai 50 mila euro. Quel che spende in mezza giornata l’ultimo dei candidati degli altri partiti. Votando noi i siciliani guadagnano per il loro futuro e, intanto, risparmiano nel presente”.

 

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