Caccia di frodo nelle Madonie, intensificati i controlli: denunciati sei bracconieri

Il Nucleo Operativo Provinciale dall’Ispettorato Ripartimentale delle Foreste di Palermo ha intensificato l’attività di vigilanza venatoria nel Parco delle Madonie in particolare nelle aree boscate dei territori di San Mauro cacciaCastelverde, Gangi, Geraci, Castelbuono e Pollina. Tali controlli vengono effettuati nell’ambito dell’attività di controllo nelle aree protette soprattutto nella repressione della caccia di frodo.
L’attività venatoria all’interno dei Parchi Nazionali e Regionali, così come anche nelle Riserve, è vietata ai sensi della Legge 157/92. Il Parco delle Madonie è infatti un luogo di ripopolamento per numerose specie di mammiferi e per l’avifauna stanziale e migratoria.

Una specie che nel corso degli ultimi anni ha trovato nelle Madonie l’habitat ideale per riprodursi ed incrementare la sua presenza è sicuramente il cinghiale, frequentemente incrociato, il quale è diventato la preda più apprezzata dai bracconieri, i quali organizzano, come riferisce la Forestale, vere e proprie battute di caccia per andarlo a stanare.

In effetti i controlli sul territorio hanno permesso di individuare, lo scorso sabato, 25 gennaio, diversi soggetti sorpresi ad esercito la caccia al cinghiale violando le norme di riferimento del settore.
Nelle contrade di Cozzo Rotondo e Zurrica del comune di Pollina sono stati identificate e denunciate all’Autorità giudiziaria ben sei persone sorprese ad esercitare la caccia con l’utilizzo inoltre di armi non consentite come fucili sprovvisti di limitatori di colpi e carabine munite di ottica e dotate di caricatori personalizzati contenenti cartucce in numero superiore a quello consentito per legge. Tali individui sono state deferiti alla Procura della Repubblica di Termini Imerese per l’ipotesi di reato prevista dall’articolo 30 della Legge 157/92 mentre tutte le armi sono state sottoposte a procedura di sequestro, così come il cinghiale trovato in possesso delle persone identificate, già privato delle viscere, e probabilmente destinato alla vendita presso qualche macelleria o ristorante compiacente, ma giudicato non idoneo al consumo umano dal competente servizio veterinario. Ulteriori illeciti di natura amministrativa sono stati contestati ai bracconieri per un importo complessivo di Euro 2.464.

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