Libero consorzio delle Madonie: testo fantasioso e senza nesso logico?

Il testo di riforma delle Province che viene fuori dall’approvazione degli articolicontreaventmig appare come fantasioso e senza nessun nesso logico, non si tiene in considerazione l’attesa dei territori né nei contenuti: funzioni e servizi. E’ questo il pensiero di quarantuno sindaci dei comuni delle aree interne, oltre il 10 per cento delle municipalità siciliane delle province di Palermo, Enna, Messina e Caltanissetta, che nelle scorse settimane hanno presentato la loro proposta al Governo Regionale per l’istituzione di un libero consorzio di Comuni.

Il Contesto di riferimento è la città a Rete Madonie-Termini, 28 Comuni dell’Imerese (Bassa Valle del Torto) e delle alte e basse Madonie, nonché dall’Ente Parco, a quest’area si aggiungono i Comuni di Alia e Resuttano (che condividono il percorso di pianificazione turistica all’interno del Distretto Turistico di Cefalù e dei Parchi delle Madonie e di Himera), di Roccapalumba e Sperlinga (che condividono il piano di Sviluppo Rurale all’interno del GAL-ISC Madonie) e i 9 Comuni dell’area dei Nebrodi caratterizzati dalla continuità territoriale con la Città a Rete e con un’analoga presenza di risorse naturalistiche e culturali (Tusa, Pettineo, Motta d’Affermo, Santo Stefano di Camastra, Caronia, Castel di Lucio, Reitano, Mistretta e Capizzi).

Per i sindaci negli articoli già approvati sono emerse alcune criticità come l’elezione del presidente eletto tra i sindaci facenti parte dell’assemblea del consorzio, non solo dai primi cittadini ma da tutti i consiglieri comunali dei comuni coinvolti, che, pur non facendo parte dell’assemblea dei liberi consorzi, si costituiscono quale “elettorato attivo” in occasione dell’elezione del presidente dell’ente. Per i sindaci è evidente l’illogicità dell’allargamento ai consiglieri comunali il voto per l’elezione del presidente del consorzio considerato che questi sono già esclusi dall’assemblea per volontà dell’Aula che ha respinto precedentemente la norma del Governo, così si creerebbero due distinte assemblee, una elettiva e una deliberante.

La nascita di un nuovo Consorzio non sarà così automatica. Fermo restando l’assetto che ricalca le attuali Province (alle quali si sostituiranno, automaticamente, i Liberi Consorzi), la nascita di nuovi enti dovrà avvenire all’interno di una serie di paletti, i Comuni, infatti, entro sei mesi dalla pubblicazione del ddl di riforma, potranno chiedere di formare il nuovo ente. Ma per farlo dovranno rispettare, una serie di requisiti: continuità territoriale, il limite minimo di 180 mila abitanti complessivi e per l’adesione, i Comuni dovranno esprimersi attraverso delibere approvate dai due terzi dei componenti del consiglio comunale, dopo un referendum confermativo, iter, che andrebbe completato in sei mesi!.

 

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