Cefalù: cronaca di un dissesto annunciato

Cefalù – Se fosse un romanzo sarebbe un thriller in grado di tenere incollato il lettore fino all’ultima riga dell’ultima pagina. Stiamo parlando, invece, della vicenda “dissesto” relativa al Comune di Cefalù. Da “Mystic River – La morte non dimentica” [Dennis Lehane; 2001] a “Cefalù – La Corte dei Conti non dimentica”, il passo è breve. Stiamo parlando non di “Quer pasticciaccio brutto de via Merulana” tanto ammirato dai cultori della letteratura italiana, ma di “Quer pasticciaccio brutto de Sala delle Capriate” che, da anni, rappresenta un best seller per gli appassionati di politica locale.

Vediamo di scoprire cosa aveva in serbo l’ultimo capitolo appena pubblicato…

Corte dei Conti
Corte dei Conti

La giunta Lapunzina, fin dall’inizio del suo mandato, ha dovuto fare i conti con un pesante fardello; una situazione finanziaria assai deficitaria e l’ombra della Corte dei conti sul municipio a minacciare la dichiarazione di dissesto. E purtroppo così è stato. A nulla sono valsi gli sforzi profusi da giunta e consiglio per scongiurare o comunque procrastinare l’ineluttabile. La notizia ha avuto carattere di ufficialità venerdì 11 gennaio con l’arrivo della deliberazione della Corte dei contiLa magistratura contabile, pur avendo apprezzato l’impegno dell’ attuale amministrazione nell’eseguire le misure correttive suggerite – riapprovazione dei bilanci e ricognizione dei residui attivi – ha giudicato il piano di rientro proposto dal Municipio come “insufficiente a superare le criticità riscontrate ed a ripristinare gli equilibri di bilancio dell’ente”.

Le “criticità” e gli “squilibri” ruotano essenzialmente intorno ai concetti di: “anticipazioni di cassa”, residui attivi” e “debiti fuori bilancio”. Il comune di Cefalù, da almeno dieci anni, patisce una penuria di liquidità causata da una scarsa capacità di riscossione, unita ad un discutibile uso di vari strumenti contabili [fonte Relazione Dott. Attilio Vallante].

L’anticipazione di cassa, come suggerisce la parola stessa , rappresenta un’anticipazione di liquidità per far fronte alle emergenze ed ai pagamenti urgenti e non deve superare la misura di tre dodicesimi delle entrate accertate nell’anno precedente. Ovviamente a fornire tale liquidità è una banca, e che applica alle somme erogate un tasso d’interesse.

I “residui attivi” invece rappresentano i crediti che vanta l’ente nei confronti di terzi e possono essere: accertati e non riscossi oppure riscossi ma non versati.

Infine, con il termine “debito fuori bilancio” si indicano tutti quei debiti venutisi a formare durante l’esercizio e che non potevano essere previsti dall’ente. Stando alla relazione Vallante, tali strumenti, che andrebbero usati con oculatezza e parsimonia, sono stati usati con troppa generosità. Spesso infatti i bilanci comunali, che partivano tutti con un fondo di cassa a zero, venivano portati rasenti al pareggio “buttando la polvere sotto al tappeto”. Dove per tappeto s’intendono i residui attivi – spesso di dubbia esazione o non esigibili – e con polvere si intendono i residui passivi (debiti) che, così celati, restituivano uno stato di salute contabile più lusinghiero che permetteva, tra l’altro, di poter accedere a delle anticipazioni di cassa più cospicue.

Tale gestione ovviamente ha causato degli squilibri strutturali, ai quali, malgrado tutto, l’attuale sindaco non ha saputo porre rimedio. Pur seguendo le linee guida imposte, dopo aver proceduto ad una “pulizia” della contabilità, il piano di rientro non è stato convincente per la magistratura contabile.

Rosario Lapunzina
Rosario Lapunzina

Stando a quanto notificato dalla Corte dei conti, il piano di rientro, e le sue proiezioni, sono state frutto di una sovrastimata capacità di riscossione dell’ente, cosa che, seguendo il trend, è risultata poco credibile. Sulla questione il sindaco ha affermato: “è vero, il nostro comune non ha una grossa capacità di riscossione, ma dato l’alto numero di dipendenti comunali ho preferito continuare sulla strada dell’insourcing”“Peraltro – ha continuato Lapunzina – dalla data del mio insediamento ad oggi, non vi erano i tempi per indire una gara d’appalto e affidare la riscossione dei crediti”. Nemmeno il piano di vendita del patrimonio immobiliare ha convinto. Sia perché il valore dato agli immobili proveniva da ottimistiche “stime di massima” e solo in minima parte dall’UTE (ufficio tecnico erariale) sia perché alla data dell’ultima adunanza (13 dicembre) non vi era ancora alcuna reale proposta d’acquisto. In merito alla questione il sindaco così ha motivato la scelta: “Secondo l’art. 3, comma 28, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, gli Enti Locali per far fronte a necessità di finanziamento del debito fuori bilancio, possono utilizzare solo le plusvalenze, ovvero solo il profitto generato dalla vendita, al netto del valore dell’immobile, non tutto l’incasso. Dunque mi sono trovato costretto a fare delle stime in leggero rialzo.”

Destinato a coprire spese d’esproprio di alcuni terreni riconducibili alla costruzione dell’ospedale San Raffaele Giglio (cd “debito Parlato”), nonché parte del cospicuo debito fuori bilancio(che il 15 novembre corrispondeva ad euro 12.332.244,04 ) era previsto anche un mutuo, di circa un milione e mezzo di euro, da contrarre presso la Cassa depositi e prestiti – società per azioni a direzione statale che ha come scopo il finanziamento degli investimenti statali e di altri enti pubblici – che in ultimo, ha rigettato l’istanza.

Il primo cittadino ha preso la decisione di fare ricorso presso il competente Tribunale Amministrativo. I consiglieri di maggioranza Cassata, Messina, Cortina, Dichiara e Riggio, hanno dichiarato di non condividere la scelta di Lapunzina annunciando di non esser stati informati su questa presa di posizione. Una storia che sembrava quindi avere uno scontato epilogo si presta invece a nuovi possibili colpi di scena. Come in tutti i thriller che si rispettino….

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