Termini Imerese, al via una petizione per salvare i lavoratori ex Fiat

I lavoratori dello stabilimento ex-Fiat e dell’indotto derivante si uniscono sotto l’ala dei sindacati, in particolare della Uilm (Unione italiana lavoratori metalmeccanici) che oltre alle proteste degli ultimi giorni che hannofiatt visto più volte blocchi e disagi alla circolazione autostradale e ferroviaria, adesso portano la lotta anche sul web, attraverso la realizzazione di una petizione per salvare i dipendenti ormai con gli ammortizzatori sociali in scadenza.

Questo il testo della petizione e che spiega le ragioni dei manifestanti.

Nel dicembre 2009 il Governo Italiano prese atto a Palazzo Chigi del piano industriale di Fiat presentato da Sergio Marchionne, nonostante prevedesse la cessazione dell’attività produttiva dello stabilimento di Termini Imerese. La chiusura sarebbe stata affrontata e risolta al tavolo di crisi istituito presso il Ministero dello Sviluppo economico. Ad oggi, quattro anni dopo quel drammatico annuncio, la soluzione non c’è. E certo non per colpa dei lavoratori e delle organizzazioni sindacali.

A poche settimane dalla scadenza degli ammortizzatori sociali non si è trovata purtroppo una soluzione credibile che garantisca il reimpiego di tutti i 1200 lavoratori della Fiat e dell’ indotto diretto e indiretto (di cui fanno parte i 174 addetti licenziati il 31.12.2013 da Lear Corporation e da Clerprem). La nostra proposta: il Governo Italiano, guidato dal premier Enrico Letta, con autorevolezza e determinazione, deve chiedere a FIAT – non essendoci ad oggi una soluzione certa per il  reimpiego dei lavoratori di Termini Imerese – di trovare una missione produttiva per lo stabilimento di Termini Imerese in seno al comparto dell’automotive.

Il grande processo di fusione con Chrysler può e deve riservare questa opportunità. Tale apertura sarebbe corrisposta dalla disponibilità dei lavoratori, dalla Uilm e dalle altre organizzazioni sindacali aziendali e territoriali pronte a concordare nuovi profili organizzativi ed istituti contrattuali sperimentali per favorire livelli occupazionali compatibili con quella competitività che il mercato richiede.
Non solo rivendicazioni, dunque, ma dialogo a tutto campo, nell’ottica di non disperdere capitale umano e industriale importante per l’azienda e per il Paese.

 

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