50 anni fa Mini vinceva il Rally di Montecarlo

Nel gennaio 1964 Paddy Hopkirk fece della straordinaria piccola auto britannica una leggenda dello sport motoristico.

 

Auto piccola, vittoria grandissima: ormai sono passati 50 anni da una delle vittorie più spettacolari della storia del panorama automobilistico sportivo internazionale. Il 21 gennaio 1964, la Mini Cooper S vinse per la prima volta il Rally di Montecarlo. Fu il sodalizio del nordirlandese Patrick (“Paddy”) Hopkirk e del suo co-pilota Henry Liddon che rese possibile questa grande sorpresa, resistendo nella loro piccola vettura inglese alla prevista superiorità di avversari significativamente più potenti. La sua impeccabile gara su strade di campagna e passi di montagna, su neve e ghiaccio, curve strette, salite ripide e discese pose le basi per far sì che quest’auto potesse trasformarsi da sfavorita in dominatrice sia nei cuori del pubblico sia negli annali delle leggende dello sport motoristico.

 

Oggi, all’età di 80 anni, quando Paddy Hopkirk ricorda le qualità dinamiche della sua auto vittoriosa, i suoi occhi s’illuminano ancora: “Sebbene la Mini fosse soltanto una piccola berlina familiare, tecnicamente aveva tanti vantaggi. La sua trazione anteriore e il motore montato trasversalmente davano un grande beneficio; ed il fatto che fosse piccola, con strade rese più strette a causa della neve accumulata ai bordi, rappresentava, per me, un elemento positivo. Fummo molto fortunati: l’auto era quella giusta e tutto successe al momento giusto”.

 

Era la leggendaria “Notte dei lunghi coltelli”, la penultima tappa del rally, che mise la Mini Cooper S numero 37, che portava l’ormai famosa targa 33 EJB, sulla strada della vittoria quell’inverno del 1964. Hopkirk tagliò il traguardo con appena 17 secondi di svantaggio rispetto al suo principale avversario, Bo Ljungfeldt, al volante della molto più potente Ford Falcon V8. La formula handicap dell’epoca, intesa a livellare le differenze di peso e di potenza tra le varie vetture, permise alla Mini classica di insediarsi al vertice della classifica generale. E Hopkirk difese il suo vantaggio nello sprint attraverso le strade di Montecarlo che concludevano il rally. Durante la cerimonia di premiazione, egli condivise gli applausi della folla con i suoi compagni di squadra. Il quarto posto di Timo Mäkinen ed il settimo posto assoluto di Rauno aaltonen sigillarono il successo della Mini Cooper S e dettero inizio all’era dei “Tre Moschettieri” nel Rally di Montecarlo.

 

Il trionfo della Mini classica a Montecarlo fu accolto con entusiasmo dai fan di tutto il mondo. Ma questo non fu un successo giunto all’improvviso: la piccola vettura sviluppata da Alec Issigonis, allora Vice Direttore Tecnico Mini2della British Motor Corporation, era dotata fin dalla nascita di un vero talento sportivo. La prima persona a capirlo fu John Cooper. Il progettista di auto sportive fu colui che pensò ad una versione più potente del mezzo. La Mini erogava soltanto 34 CV all’inizio; ma la sua trazione anteriore, il peso ridotto, l’ampia carreggiata e il passo relativamente lungo la resero una quattro posti estremamente agile e posero le basi per i suoi utilizzi sulle piste di gara e nei rally.

Identificabili a distanza grazie alle livree rosse a motivo scozzese con i tetti bianchi, le sei piccole vetture avviate dal team ufficiale della BMC al Rally di Montecarlo 1964 si trovavano, almeno sulla carta, a combattere ancora una volta controcorrente. La Mini Cooper S si allineava alla partenza per la prima volta. Il suo nuovo motore quattro cilindri vantava una cilindrata maggiorata da 1071 cc ed anche la potenza era stata aumentata fino a circa 90 CV – molto di più rispetto a quanti ne disponeva negli anni precedenti ma sempre modesta rispetto alla concorrenza di avversari come la Mercedes Benz 300 SE e la Ford Falcon, i cui propulsori sei cilindri e V8 disponevano di una potenza tre o quattro volte superiore.

La 33a edizione del Rally di Montecarlo iniziò, secondo la tradizione dell’epoca, con un accenno alle origini della manifestazione, con le auto che partivano da nove città europee prima di incontrarsi nella città francese di Reims. La coppia Hopkirk-Liddon iniziò il viaggio con la Mini Cooper S da Minsk, mentre per Rauno Aaltonen e Tony Ambrose l’avventura cominciò ad Oslo e Timo Mäkinen e Patrick Vanson si avviarono da Parigi. La Mini classica effettuò con successo tutti e tre i viaggi e tutte e sei le vetture ufficiali furono in grado di allinearsi con le 277 altre agguerrite concorrenti alla partenza di Reims. La prima tappa del rally che portava fino a Saint-Claude mise in evidenza le due auto destinate a definire il Rally del 1964 dall’inizio fino alla fine. Alla guida della sua Ford Falcon, Bo Ljungfeldt si proiettò al comando delle classifiche provvisorie, ma Paddy Hopkirk rimase attaccato alle sue calcagna al volante della Mini Cooper S.

La successiva tappa del Rally era composta principalmente da lunghi tratti da percorrere in velocità, ma Hopkirk rifiutò di permettere ai suoi avversari dotati di motori dalle cilindrate molto più grandi di costruirsi un vantaggio decisivo. La “Notte dei lunghi coltelli” sarebbe diventata il momento della verità: era l’occasione per la Mini classica di dimostrare pienamente il suo talento. “Quell’anno era nevicato molto, quindi ci eravamo preparati appositamente – spiega Hopkirk – La Mini si dimostrò particolarmente brava in discesa, e tutte le prove furono percorse su tratti in salita o in discesa; quindi penso di aver recuperato in discesa, ciò che perdevamo in salita”.

Una manovrabilità irresistibile, la giusta scelta degli pneumatici, le doti di Hopkirk al volante e la neve – che rallentava le auto più grandi – tutto servì a far sì che Hopkirk fosse in grado di prendere il comando sui 1.607 metri del Col de Turini. Tuttavia, fino alla fine la lotta, come previsto, fu molto serrata, con Bo Ljungfeldt che stabilì il miglior tempo nell’ultima tappa attraverso Montecarlo. Ciò nonostante, anche Hopkirk spremeva al massimo la sua Mini Cooper S, conservando il vantaggio e aggiudicandosi la vittoria. “Non è come nei rally di oggi, nei quali sai dove ti trovi. Dovetti percorrere il circuito finale; poi i giornalisti mi dissero che avevo vinto, ma non potevo crederci. L’exploit sorprese il mondo e tutti noi; fu molto bello”, ricorda Hopkirk.

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