Blitz antimafia, ma “Cosa nostra” si rigenera sempre

Tarantino Giuseppe
Tarantino Giuseppe

Arrestati questa mattina all’alba 4 soggetti nella zona di Monreale e i suoi vicini centri San Giuseppe Jato e Camporeale, indagati a vario titolo per associazione a delinquere di tipo mafioso, estorsione aggravata e occultamento di cadavere. Le indagini della Procura della Repubblica di Palermo costituiscono la convergenza di due distinte, ma parallele attività investigative, scaturite dall’operazione Nuovo Mandamento dell’8/4/2013, con cui venivano ricostruiti gli assetti dei mandamenti di San Giuseppe Jato e Partinico, rivisitati da un programma di riorganizzazione territoriale.

L’operazione “Nuovo Mandamento”, fra l’altro, aveva disarticolato la famiglia mafiosa di Camporeale, con l’arresto del suo capo Antonino Sciortino (poi assolto per ora con sentenza di 1° grado del 19/12 u.s. del GUP di Palermo) e Lo Cascio Francesco (uomo d’onore e favoreggiatore del latitante Domenico Raccuglia, condannato per associazione mafiosa e l’omicidio di Giuseppe Billitteri).

Le indagini su altri indagati – proseguite dopo la citata operazione – consentivano di ricostruire alcune importanti dinamiche che si sviluppavano storicamente dal 1999 alla data odierna, permettendo di fotografare a ritroso gli assetti della famiglia di Camporeale nel periodo di detenzione del suo rappresentate Sciortino, già condannato a 12 anni di reclusione per associazione mafiosa. Il decesso, per cause naturali, avvenuto il 7 maggio dello scorso anno di Rosario Mulè, interrompeva di fatto la logica prosecuzione delle attività avviate – come detto – dopo la summenzionata operazione.

 

Cusumano Antonio
Casumano Antonio

In particolare, nel corso di questo ultimo approfondimento investigativo, emergevano: l’avvicendamento al vertice della famiglia mafiosa di Camporeale – dopo il primo arresto di Sciortino, avvenuto in data 24/12/1999 (allorquando era latitante) – con Mulè Rosario[1] e Tarantino Giuseppe[2] (che dunque co-reggevano la famiglia mafiosa di Camporeale dal 24/12/1999 fino al 05/11/2011, data di scarcerazione di Sciortino per fine pena e inizio del Nuovo Mandamento di Camporeale); la spartizione per il controllo del territorio dei due co-reggenti: il primo nel settore agricolo e l’altro in quello edile; due vicende estorsive contestate a Cusumano Antonino e ricostruite dai carabinieri, per le quali si è registrata un’ importante collaborazione degli imprenditori, sentiti dagli inquirenti: la prima a danno di un imprenditore agrigentino, impegnato tra il marzo 2007 ed il gennaio 2008 nell’esecuzione dei lavori di un appalto per l’importo di quasi 1.600.000 € conferito dal Comune di Camporeale per opere di urbanizzazione primaria nell’ambito del piano di insediamento produttivo (P.I.P.) in località c.da Serpe, costretto a pagare a titolo di “pizzo”, alla famiglia mafiosa di Camporeale, una somma pari a circa il 3% dell’importo dell’appalto, per un totale di € 15.000, e a subire l’infiltrazione nell’appalto in questione da parte dell’impresa edile gestita dal Cusumano, la S.C. Costruzioni Srl, attraverso artificiose stipule di contratti di nolo mascherati formalmente da noli a freddo, con l’assunzione di operai del posto artatamente licenziati dalle ditte intervenute nell’esecuzione dell’appalto, per poi essere assunti dallo stesso imprenditore. La seconda estorsione invece a danno di un altro imprenditore, sempre agrigentino, che si era aggiudicato, tra il luglio 2007 ed il gennaio 2008, l’appalto pubblico della Provincia Regionale di Palermo, relativo ai lavori di sistemazione del piano viario e costruzione delle opere di corredo della Strada – ex Consortile n. 39 di “Sirignano”, che collega il Comune di Camporeale con quello di Alcamo, costretto ad assumere operai imposti allo stesso e a rifornirsi di calcestruzzo presso un impianto locale.

Lombardo Vincenzo Carlo

Inoltre, all’esito delle odierne attività investigative è stata ulteriormente approfondita la posizione di Vincenzo Carlo Lombardo[4] (già tratto in arresto nel corso dell’Operazione “Perseo” nel dicembre 2008, poi assolto dalle accuse mossegli), ritenuto responsabile del reato di estorsione aggravata commessa in danno dei legali rappresentanti di una ditta di Giardinello, impegnata nella realizzazione di cinque edifici privati in contrada Paterna di Terrasini. Anche in questo caso si evidenza la collaborazione offerta dall’ imprenditore.

Fondamentale, peraltro, per la ricostruzione della vicenda è stato anche un pizzino rinvenuto nel covo dei lo Piccolo all’atto della cattura, in cui si faceva espresso riferimento alla “messa a posto” dell’imprenditore.

 

 

 

OMICIDIO BILLITTERI

Parallelamente, veniva meglio definita la condotta associativa di Liotta Raimondo[5], già imputato in “Nuovo Mandamento” per il reato di coltivazione di sostanze stupefacenti ai fini di spaccio aggravato dalla finalità mafiosa, per ora assolto in primo grado, il quale veniva ritenuto responsabile di appartenere all’associazione mafiosa e dell’occultamento del cadavere di Bellitteri Giuseppe.

Liotta Raimondo
Liotta Raimondo

La vicenda dell’omicidio del Billitteri si inquadrava nelle tensioni sviluppatesi nei territori di Altofonte e Monreale nel periodo febbraio/marzo 2012, a conclusione della fase di riorganizzazione e stabilizzazione dei nuovi assetti di cosa nostra. Le intercettazioni rilevavano come tale repentina ed autorevole riorganizzazione del territorio non era passata indenne, così generando l’insorgere di tali tensioni.

In questo contesto era ragionevole ritenere che fosse maturata la decisione di eliminare un soggetto che probabilmente voleva opporsi alla decisione di riconoscere Madonia Vincenzo, poi condannato in primo grado in rito abbreviato per associazione mafiosa il 19 dicembre 2014, quale nuovo rappresentante della famiglia di Monreale.

La vittima designata risultava essere Billitteri Giuseppe, di Villagrazia di Palermo, incensurato, venditore ambulante, legato da vincolo di parentela a Damiani Sergio, uomo d’onore della famiglia mafiosa di Monreale, già condannato per mafia. Lo stesso Billitteri era ritenuto appartenente ad un gruppo della famiglia mafiosa di Monreale che si voleva contrapporre alla riorganizzazione territoriale di cosa nostra.

Le attività investigative di Nuovo Mandamento permettevano di ricostruire:

  • la pianificazione dell’omicidio con il metodo della “lupara bianca”, avvenuto in data 22/03/2012 sotto la regia di Libranti Lucido Giuseppe ed eseguito ad Altofonte presso l’abitazione di Vassallo Giuseppe Antonio, mediante strangolamento;
  • l’individuazione dei complici e dei relativi ruoli (VassalloGiuseppe Antonio, Lombardo Giuseppe, Micalizzi Giuseppe e Lo Cascio Francesco);
  • l’individuazione dei soggetti deputati al trasporto e all’occultamento del cadavere avvenuto a Camporeale.

A seguito di tale ricostruzione, Lo Cascio Francesco veniva condannato in primo grado per associazione mafiosa e per l’omicidio di Billitteri Giuseppe, mentre Libranti, Vassallo e Lombardo sono ancora imputati innanzi alla 1^ Sezione della Corte di Assise di Palermo.

 

In conclusione, quella che è emersa dalle indagini è la fotografia di una mafia che nonostante le varie operazioni di polizia riesce sempre a riorganizzare le proprie fila, individuando nuovi affiliati.

Ancora una volta è stato accertato come uno dei principali canali di sostentamento delle consorterie mafiose è rappresentato dal provento delle estorsioni, commesse tradizionalmente nei confronti di attività imprenditoriali di privati. La pressante azione estorsiva continua a ripercuotersi sullo sviluppo economico delle comunità dell’entroterra palermitano, tenuto conto che spesso gli imprenditori hanno dovuto subire oltre al pagamento della classica “messa a posto” anche l’imposizione di manodopera e forniture di materiali edili, in violazione delle più elementari regole del libero mercato.

È evidente come i rilevanti risultati conseguiti, proprio poiché contestualizzati in un’area fortemente destabilizzata dalla criminalità organizzata e per la vastissima diffusione del fenomeno delle estorsioni, non potrà che infondere ulteriormente fiducia nell’operato della Magistratura e dei Carabinieri, contribuendo quindi a far cadere quel muro di omertà che è elemento essenziale per la riuscita degli intenti criminali.

In tale ambito, prezioso si è rivelato l‘intervento e l’apporto dell’associazione antiracket Addiopizzo nel fare determinare gli imprenditori a collaborare con gli organi inquirenti e nel fornire l’assistenza psicologica e legale agli stessi.

 

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