Petralia, no alla deroga per il centro nascite: la scelta assume colori politici

punto nascite di petraliaIl ministro della saluteBeatrice Lorenzin ha aperto il nuovo anno con il decreto che sancisce la chiusura di diversi punti nascita, tra cui quello di Petralia Sottana, nel centro del territorio delle Madonie. Una decisione da tempo annunciata, ma contro la quale diversi rappresentanti politici, su pressione della cittadinanza, si sono attivati chiedendo una deroga alla chiusura.

Ma a Petralia non si partorirà più, anche perché sono gli stessi cittadini molto spesso a preferire altre strutture. Secondo le nuove indicazioni ministeriali, una donna in travaglio o che si trovasse in necessità sanitarie, dovrebbe percorrere un tragitto di almeno 90 minuti  per raggiungere la struttura più vicina, cioè quella di Termini Imerese. Ad aggravare una previsione già preoccupante inoltre sono le condizioni delle infrastrutture di collegamento fra i centri minori e l’ospedale, disagiate oltremodo e per le quali non sono previste soluzioni a breve termine.  Chiudono anche Santo Stefano di Quisquina, Mussomeli e Lipari.

La spuntano invece Licata e Bronte e proprio da ciò è nata la polemica delle ultime ore: secondo quanto dichiarato dalla Lorenzin nel comune catanese “qualora venissero messe in atto efficaci strategie di reclutamento delle potenziali partorienti, residenti nel bacino di utenza di Bronte, il volume di attività del PN di Bronte potrebbe essere superiore alla soglia di 500 parti/anno”. Il documento del ministero prevede che il punto nascita di Bronte invece vada “inserito nell’organizzazione del previsto Distretto Ospedaliero Paternò –Biancavilla- Bronte, all’interno del Dipartimento Materno Infantile, contemplando un’unica UO di Ostetricia e ginecologia per l’intero Distretto”.

Nel caso di Licata, il cui centro  non supera la soglia dei 500 parti l’anno, la situazione si presenta diversa dal caso petralese, in quanto per salvare la struttura, la Regione dovrà attivarsi per una nuova pianta organica entro 90 giorni, in quanto allo stato attuale infatti, l’organico non  riesce a garantire la guardia attiva h 24. Tuttavia la scelta pare assumere i colori politici del Nuovo Centro Destra, dal momento che Bronte è da sempre considerata roccaforte di Castiglione, mentre è risaputa la provenienza agrigentina di Alfano, la cui spinta avrebbe influito sulla deroga concessa a Licata. Pare insomma che i big Ncd abbiano meglio alzato la voce nelle frequenti visite a Roma.

Sono insorti dunque gli esponenti politici più svariati, con in testa i militanti nel Partito Democratico come il sindaco di Pollina Magda Culotta, preoccupati della ricaduta di consensi che tale scelta può avere sul loro territorio (le Madonie) e per la salvaguardia di quegli equilibri politici che nulla dovrebbero avere a che vedere però con l’ulteriore segno di collasso della nostra terra.

Dai 5 stelle è arrivato il monito in Aula: “Il decreto Lorenzin – afferma la deputata a Palazzo Montecitorio Giulia Di Vita – dà l’occasione alla Regione di rimodulare la rete dei punti nascita basandosi non solo su mere soglie fisse su cui chiedere deroghe, come fossero favori, ma sulle reali esigenze del territorio, tenendo conto anche delle gravissime carenze infrastrutturali della Sicilia che mettono a repentaglio la sicurezza delle partorienti che per raggiungere i cosiddetti punti nascita “sicuri” devono fare dei veri e propri viaggi della speranza o emigrare direttamente dai piccoli centri”.

A commentare l’accaduto anche rappresentanti minori come il vicesindaco di Castellana, Vincenzo Lapunzin: <<Se la Lorenzin dovesse ritornare sui propri passi il merito non sarebbe certo di nessun esponente politico nè tantomeno al centro del fiocco potrà essere posto il logo di alcun partito. Meno che mai delle varie strategie di sviluppo dei territori quali quella delle aree interne. Al momento – conclude Lapunzina – la sconfitta è di tutti. La “vittoria”, che auspichiamo,  sarà solo del buon senso».

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