Architettura e Pittura all’Osterio Piccolo

cefalu-forteAProbabilmente a Cefalù si è perso nei lontani meandri della memoria il ricordo di un edificio, coevo al ‘fratello maggiore’, ma con una storia meno fortunata: si tratta del cosiddetto Osterio Piccolo, che si trovava quasi di fronte all’Osterio Magno, dall’altra parte di Corso Ruggero, ad angolo con Via Caracciolo.

Eppure un’antica foto testimonia ancora la presenza di un’ampia bifora con elementi bicromi, secondo lo stile dell’edificio più imponente. E all’interno dell’edificio, proprio in una sala che si affaccia su Corso Ruggero, sono ancora visibili esili tracce di una bifora, a sinistra guardando verso l’esterno, e di un ampio arco sulla parete destra che probabilmente dava accesso ad un altro vano. La storia di questo edificio è caratterizzato da tanti passaggi di proprietà nel corso dei quali sono stati effettuati cambiamenti e rifacimenti, per cui tanto è stato perso e poco, di volta in volta, recuperato.

Oggi, all’interno di quello che fu l’Osterio Piccolo della famiglia Ventimiglia, si trova l’elegante studio dell’architetto Pippo Mangano, che ha fatto di quel luogo un ambiente in cui il passato e il presente, le rovine e la modernità, la trasformazione e il recupero trovano armonica sintesi, creando uno spazio in cui si respira l’aria della storia e il ritmo del presente.
In questo luogo così speciale, si innesta l’opera di Giuseppe Forte, invitato dall’arch. Mangano a portare dentro l’architettura storica il contributo pittorico, riprendendo la tradizione degli anni Venti e Trenta (quando a Cefalù si diffondeva la cultura decorativa europea di fine Ottocento) ma attraverso l’uso di linguaggi nuovi.
Così, porte e pareti sono diventate tele nelle mani dell’esperto pittore, dall’animo traboccante di scorci interiori della sua amata Cefalù e dalla mente affollata della tradizione iconografica dell’adorata terra di Sicilia.

cefalu-forteBIl dipinto che, probabilmente, sintetizza il senso di tutta l’operazione decorativa è “San Giorgio che uccide il drago”, collocato nella sala dove più si respira l’atmosfera storica della dimora che fu dei Ventimiglia, nella parte in muratura che, evocando le tessere di un mosaico, si interseca con la pietra, aprendo come una finestra sul mondo esterno intriso di tradizione e cultura, di religione e mito, di roccia e cielo, di montagne e acqua.
Nell’opera, i colori sfumati del cielo, in cui le striature blu si alternano a quelle rosa, riflettendosi insieme nell’acqua, e i tenui toni delle montagne sullo sfondo contrastano e si completano con la corposità della roccia in primo piano e con i colori decisi della figura del santo, del cavallo e del drago: colori e tratti sicuri per evidenziare la contrazione dei corpi nella lotta tra il bene e il male, mai semplice, mai scontata. D’altra parte, San Giorgio vincitore sul drago è diventato simbolo del trionfo del bene e per questo è stato punto di riferimento dei cavalieri che in lui hanno visto un costante modello di riferimento e di cui egli è il protettore. Il tema figurativo legato a San Giorgio conduce verso un altro aspetto fondamentale delle tradizioni siciliane, quello della decorazione dei carretti, con il duplice filone dei paladini di Francia e di quello religioso, con una particolare attenzione, appunto, per San Giorgio, in quanto protettore anche dei cavalli.

Il tema delle decorazioni dei carretti siciliani è sempre stato molto caro all’artista Giuseppe Forte e presente nella sua ampia produzione sia negli oli su tela, che nei famosi fondi di botte. E ritorna con tutto il suo vigore nella pittura su legno delle porte di questo ambiente in cui architettura e pittura si fondono in un perfetto equilibrio di forme e colori.
Porte in cui sembrano inserirsi gli scacchi dei masciddàra, cioè i riquadri dipinti delle sponde del carretto, con colori così limpidi da dare l’illusione del vetro e della trasparenza, un riquadro per ogni porta in entrambi i versi, mentre le altre sezioni sono state decorate con classici temi floreali stilizzati, in blu con qualche pennellata rosa: i colori del nostro pittore.
Il tema dominante dei dipinti su parete è, invece, Cefalù, con l’unica eccezione delle due figure mitologiche rappresentanti la Primavera e l’Estate, giovani e splendide fanciulle inserite in un contesto tutto mediterraneo e, direi, siciliano, dove il mare è spesso visto attraverso una ringhiera con la tipica lavorazione in ferro battuto o al di là di un muretto decorato con la tradizionale maiolica.
Cefalù domina nelle porzioni di parete sull’architrave delle porte e nelle spalle delle pareti. Chiunque abbia la possibilità di visitare lo studio dell’architetto Mangano, non può non ritrovare nei dipinti sui muri le impressioni già ricevute dalle tele di Giuseppe Forte: tecniche pittoriche diverse, basi e strumenti diversi, ma la stessa percezione della realtà e la stessa dimensione emotiva nei confronti della sua città, dei suoi vicoli, delle sue case, dei suoi monumenti, delle sue ampie vedute, del mare e del cielo, che diventano luoghi dello spirito fuori dal tempo e collocati in una dimensione mitica, attimi fissati per sempre nella memoria, frammenti spaziali e, insieme, esistenziali, piccole perle temporali che diventano eterne.

La città è rappresentata nei suoi angoli più belli, negli scorci più inattesi, nei suoi vicoli più intriganti, nelle vedute più affascinanti: il lavatoio medievale, “dove scorre Cefalino, più salubre di qualunque altro fiume, più puro dell’argento, più freddo della neve” (V. Auria), le case della Giudecca e i suoi scogli battuti dalle mareggiate, gli affollati tetti visti dalla Rocca, la Figurella, piccola e preziosa. Poi c’è il cielo: quello dei dipinti di Forte attrae e cattura per i giochi di blu e rosa e per quelli, straordinari, delle nuvole, che giungono a creare intrecci eterei e celesti geometrie.
Quante volte, tornando a Cefalù, la si guarda con gli occhi di chi è stato distante o, sforzandosi un po’, con lo sguardo di chi la vede per la prima volta e, allora, davvero manca il fiato! E Forte ce la mostra così, come vista per la prima volta, con la sapienza delle sue pennellate, con la freschezza del colore, con la luce del suo mare e del suo cielo, in questo studio di architettura denso di storia e di memoria e dove, anche per vocazione professionale, si chiede rispetto, cura e recupero. E anche Giuseppe Forte, esprimendo un legame indissolubile con la sua città, ha avvertito e avverte un sofferto sentimento di estraneità nei confronti di un presente che nella frenesia del quotidiano perde di vista la bellezza che ci circonda e che chiede con insistenza la nostra cura. Per questo, i dipinti su muro di questo ambiente diventano finestre sulla città, spettacolari vedute che ci ricordano il dovere di un impegno nella salvaguardia del nostro patrimonio naturale e monumentale, perché l’arte, esplicitamente o implicitamente, educa al rispetto e alla cittadinanza.

Un grazie particolare rivolgo all’architetto Pippo Mangano, per la cordialità con cui ha accolto le mie visite e per i preziosi (e per me necessari) suggerimenti.
Un sentito grazie al prof. Rosario Vizzini per le immagini fotografiche, realizzate in situazioni non sempre agevoli, vista la collocazione di dipinti.

Rosalba Gallà

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