Cefalù: nuovi particolari nello scandalo lidi

Un vero e proprio sistema, con il dirigente dell’Assessorato Territorio e Ambiente Antonino Di Franco al vertice, quello che era stato messo in piedi per la gestione del litorale di Cefalù. Secondo quanto emerso durante le indagini condotte dal Commissariato di Cefalù e coordinata dalla procura di Termini Imerese, Di Franco “avrebbe avuto un ruolo, emerso come il “capo indiscusso del Demanio” per un’attività sistematica di gestione della cosa pubblica e, segnatamente, delle spiagge e dei tratti di costa concesse agli operatori balneari, in modo strettamente funzionale ai propri interessi.”

Non meno rilevante la figura del Cimino – scrive ancora il GIP – che, grazie e soprattutto alla compiacenza dei due funzionari corrotti dell’Assessorato Regionale al Territorio e Ambiente avrebbe, in questi anni, assunto il controllo, diretto o indiretto, tramite familiari e prestanome, di circa l’80% delle strutture balneari operanti sulla spiaggia di Cefalù ed in altre spiagge del circondario. In tal modo, sarebbe divenuto “il padrone”, quasi per intero, di uno dei tratti più belli, conosciuti e suggestivi della costa palermitana.

Cimino si sarebbe spinto, con i funzionari “infedeli” del Demanio, financo a concordare strategie, formare atti illegittimi e adottare ogni iniziativa possibile per consentire la riapertura del “Poseidon”. Non solo l’assunzione dei figli per i funzionari compiacenti: secondo indiscrezioni, al dirigente sarebbero stati riservati accessi liberi a tutti gli stabilimenti controllati con trattamenti da vip per sé, i suoi parenti e gli affini, che gli permetteva di atteggiarsi – come sostiene il Giudice per le indagini preliminari- come una sorta di “Capo del demanio”. 

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