Almaviva non diventi un’altra Fiat

AlmavivateatromasssimoLa Cgil Palermo si schiera a sostegno dei lavoratori di Almaviva, che in assemblea hanno respinto con 2.517 No (120 sono stati i sì) l’ipotesi di accordo presentata dall’azienda ai sindacati. “Il no dei lavoratori Almaviva significa che si è oltrepassato il limite: non si può abbassare la testa e accettare qualsiasi lavoro, a qualsiasi condizione.”

“Questi lavoratori, diplomati, laureati, specializzati, da anni operano per questa azienda, l’industria dei servizi era il loro lavoro del futuro. Stanno pagando un prezzo altissimo. E il sito di Almaviva Palermo, il più numeroso, rischia di pagare il prezzo più alto per la quantità di speranze investite e oggi platealmente deluse. Questo no lo capiamo e lo condividiamo”. Lo dichiarano il segretario Cgil Palermo Enzo Campo e Mario Ridulfo, responsabile Attività produttive della segreteria Cgil Palermo che, dopo la bocciatura giunta da tutte le sedi di Almaviva, chiedono ai governi regionale, nazionale e comunale di tornare subito attorno a un tavolo con l’azienda e i sindacati, per trovare soluzioni e regole per il settore dei call center.

“La reazione era dunque prevedibile, chiediamo a questo punto al governo di riaprire subito il confronto per difendere i 1670 posti di lavoro,  Palermo non può permettersi un altro caso Fiat , un abbandono cioè di una grossa realtà industriale. Bisogna dunque mettere in campo anche in questo caso interventi straordinari e urgenti.  Si provveda subito dunque alla riforma dell’articolo 24 bis sulle delocalizzazione,  all’avvio di tutti quegli strumenti economici e normativi per rilanciare il settore considerato strategico,  e alla sigla dell’annunciato patto di solidarietà tra governo nazionale, aziende del settore, committenti pubblici e privati, affinché nell’assegnazione degli appalti non si vada sotto la soglia dei minimi contrattuali, cercando l’offerta economica più vantaggiosa”. De Luca e Assisi concludono: “A Palermo operano alte professionalità da difendere, qualsiasi soluzione messa in campo deve mirare alla difesa di questi posti di lavoro nel lungo periodo e al rilancio del  settore, non servono politiche assistenziali di breve periodo,  si crei e si tuteli piuttosto la buona occupazione”.

“Il mondo del lavoro, a partire dal caso Almaviva, non è più disponibile ad accettare condizioni di lavoro e di salario che intaccano la dignità – aggiungono Campo e Ridulfo – A questi lavoratori è stato proposto di salvaguardare il posto di lavoro a livelli salariali infimi. Il reddito, già basso, arriverebbe al di sotto della soglia di povertà. I lavoratori non intendono tollerare altri ricatti: è questo il segnale lanciato ad Almaviva e a tutte le aziende. Un segnale positivo, forte, di riconquista dell’identità del lavoratore come persona”. “Il governo sieda al tavolo con le organizzazioni sindacali per trovare soluzioni strategiche, come ammortizzatori sociali dedicati, per permettere il consolidamento del settore soprattutto nel Mezzogiorno. Diciamo no a soluzioni tampone – continuano Enzo Campo e Mario Ridulfo – La liberalizzazione portata fino alle estreme conseguenze e la mancanza di regole stanno mettendo in ginocchia una platea di lavoratori. Almaviva, è vero, non ha delocalizzato le sue attività ma ha responsabilità precise: le sue difficoltà non possono diventare arma di ricatto nei confronti dei lavoratori”.

 

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