Abusivismo edilizio, due sindaci nei guai

La Procura Regionale della Corte dei conti siciliana ha recentemente citato a giudizio due sindaci succedutisi nel tempo e due responsabili della gestione del patrimonio immobiliare del Comune di Casteldaccia, ritenuti responsabili di un danno erariale pari a oltre 239.000 euro, connesso alla mancata attuazione degli obblighi di servizio derivanti dalla normativa di contrasto all’abusivismo edilizio.

I sindaci citati in giudizio sono Giovanni Di Giacinto e Fabio Spatafora più due funzionari del Comune. A seguito di una complessa attività di indagine delegata dal procuratore Gianluca Albo al Nucleo di polizia economico-finanziaria della Guardia di Finanza di Palermo, è stato accertato che gli amministratori del Comune di Casteldaccia, non osservando gli obblighi dettati dalla normativa nazionale e regionale di contrasto all’abusivismo edilizio, ribaditi, tra l’altro, anche da atti di indirizzo della Regione Siciliana, hanno consentito agli autori degli illeciti di continuare a beneficiare degli abusivamente immobili realizzati, senza corrispondere alcuna indennità di utilizzo, né la tassa sui rifiuti e gli altri tributi previsti dall’ordinamento, con conseguente danno per le casse del Comune.

Nel caso di accertamento di un abuso edilizio, la legge impone infatti ai responsabili degli enti locali il rispetto di un iter amministrativo che si sviluppa in quattro passaggi: l’ingiunzione a demolire (che deve essere eseguita dagli autori dell’abuso entro 90 giorni); l’acquisizione gratuita per legge al patrimonio immobiliare (in caso di mancata demolizione); l’accertamento formale dell’inottemperanza all’ordine di demolizione e la relativa notifica all’interessato; l’immissione in possesso e la trascrizione nei registri immobiliari a favore del Comune. A seguito dell’accertamento dell’abuso, l’immobile, se non demolito nei termini previsti, viene acquisito al patrimonio del Comune, per essere rimosso dallo stesso ente locale, a spese dell’autore delle opere abusive. Solo nel caso in cui il Comune dichiari la sussistenza di superiori interessi pubblici al mantenimento dell’integrità dei beni, questi ultimi non vengono demoliti e sono destinati al soddisfacimento dei predetti interessi.

In questo quadro, il danno è stato qualificato in termini di mancata riscossione dell’indennità di occupazione che gli enti locali avrebbero dovuto esigere dagli autori dell’abuso, rimasti occupanti/beneficiari degli immobili a causa dell’inosservanza da parte dei responsabili comunali delle richiamate incombenze amministrative. La Procura contabile, avvalendosi delle indagini tecniche della Guardia di Finanza, ha quantificato il danno da perdita dell’indennità di occupazione in misura pari ai canoni di locazione medi calcolati dall’Osservatorio del Mercato Immobiliare.

La citazione a giudizio non riguarda una fattispecie episodica ma è risultato di una pianificazione di un protocollo istruttorio elaborato dalle Fiamme Gialle in base alle direttive della Procura regionale della Corte dei conti per individuare le responsabilità di amministratori e dirigenti rimasti inerti nel recupero in beneficio delle casse comunali di tributi e indennità dovuti da tutti coloro che continuano ad occupare gli immobili abusivi.

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