Punto nascite Cefalù, la protesta non si esaurisca sui social

Un appello sopra l’altro: il primo è certamente quello che conta di più ora. Sono decine le mamme che stanno postando in queste ore il loro dissenso verso la paventata chiusura del centro nascite dell’ospedale di Cefalù. Su Facebook.

Si attiverà anche una petizione di sensibilizzazione a breve, con l’obiettivo di chiedere al destinatario, il ministero della Salute in questo caso, di focalizzare l’attenzione sulle conseguenze nefaste che avrebbe la chiusura del punto nascita a Cefalù. Un intero comprensorio rimarrebbe privo di un servizio essenziale per la salute della donna e del nascituro. Senza contare che sancirebbe l’ulteriore impoverimento di un territorio in cui già si nasce poco, perché da qui te ne vai, salvo contro tendenze non ancora avviate da nessun Ministero e da nessuna politica regionale e locale.

I membri sono più di tremila e il gruppo continua a crescere, ma per una petizione di sensibilizzazione non esiste soglia minima da raggiungere per renderne valido il contenuto. I numeri insomma, non contano. Quelli del centro nascite di Cefalù tuttavia, non vengono considerati sufficienti perché non raggiungono, per una manciata di unità, la soglia minima richiesta affinché il reparto resti aperto (cinquecento). C’è il rischio quindi che quella sui social media non venga considerata una vera e propria mobilitazione: un profilo Facebook del resto, non è una persona.

Cedere all’illusione che internet possa risolvere l’annosa questione è comodo, ma pericoloso. Con centoquaranta caratteri su Twitter possiamo abbattere qualsiasi barriera e rivolgerci direttamente a chi vogliamo, che sia un sindaco o un ministro. Questo metodo tuttavia, sembra solamente migliore di quelli che si potrebbero attivare nelle comunità fisiche in cui viviamo; ma non è vera democrazia. Per questo è necessario sviluppare in queste ore un secondo appello, rivolto a chi ha veramente a cuore la tematica: nessuna rivoluzione è mai nata sul divano. Recuperiamo la cultura dell’incontro, della collettività e dell’attivismo, l’unica protesta legittimamente utile.

Sofia D’Arrigo

 

POTREBBE INTERESSARTI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *