Cefalù, tomba della libertà d’espressione e tempio della mediocrità

Non è certo il primo articolo che parla di quanto sia pesante l’aria nell’ameno borgo “normanno”, e si spera nemmeno l’ultimo.
È sempre più evidente, oramai, a sette anni dall’insediamento di Rosario Lapunzina e dei suoi fedelissimi all’interno del municipio, quale sarà l’eredità che verrà lasciata ai posteri, così da poter pronunciare “l’ardua sentenza”.

La “cifra stilistica” con cui verranno ricordati sarà l’esorbitante numero di azioni legali promosse da costoro: le innumerevoli querele rivolte a giornali e giornalisti, ai “civili disobbedienti”; i ricorsi al TAR e alla magistratura ordinaria; la Corte dei Conti e chi più ne ha ne metta.

Le mancate dimissioni per i gravi capi di imputazione che vedono coinvolto il primo cittadino, le stesse che hanno spinto suoi colleghi a presentarle, a lui, pare non facciano un baffo. Ma in questo caso, non essendo “manettari” abbiamo fiducia nella magistratura e nessuno, almeno per noi, è colpevole fino all’ultimo grado di giudizio.

Ricorderemo questo decennio, per la guerra agli haters ante litteram. Le chiamate, i messaggi, o anche le visite a casa per un “like sbagliato”; per il KGB alla cefalutana e le continue reprimenda di gente repressa.

Lo ricorderemo per l’approccio e lo stile con cui hanno intrattenuto rapporti con la stampa e i media locali e non.
Per farli gongolare – ad alcuni – basta un articolo che abbia come copertina un’immagine di Cefalù, poco poi conta di cosa effettivamente parli.  La mediocrità nel credere di avere raggiunto un traguardo quando giornali meno geograficamente prossimi ad essi “parlano di loro”.
Le tartarughe annualmente sacrificate al dio della green economy e dell’earth day edizione ventordici punto zero.
La mediocrità mitizzata e l’originalità – specie quando non conforme – puntualmente repressa, combattuta, avversata. L’esaltarsi per “la munnizza” differenziata, creando disagi al cittadino e i comunicati urbe et orbi per una causa vinta (?) o “pareggiata”.
Le panelle, il Bastione e le olive della tenuta Bordonaro. I fuochi d’artificio scadenti e i cantanti “suonati”. La difesa “del buon nome di Cefalù” e le sagre paesane. San Pietroburgo.
I titoli inventati ad hoc. L’accentramento di potere. Gli “yes men” e il coraggio punito. La strategia economica antesignana della più famosa spending review che tanto sa di pavidità. I ricatti. I rapporti malsani con la stampa locale ma in questo caso probabilmente la colpa va ripartita. Di fatti se i latini dicevano “in medio stat virtus”, questa locuzione non si attaglia affatto all’atteggiamento tenuto dagli organi d’informazione locale.
O si è contro per partito preso, o un megafono dell’amministrazione. L’imparzialità pare essere morta l’8 maggio 2012. Ma appunto, se vi sono responsabilità esse vanno ripartite.
Non si può ritenere privo di responsabilità chi questi rapporti li ha esacerbati. Col discredito, col pettegolezzo, con le querele e con le informazioni “passate” solo a chi si mostra accondiscentente.
Non è strano infatti alla luce di quanto descritto che, in generale, tantopiù è longevo un organo d’informazione tantomeno è concreta la possibilità di una sana e pacifica convivenza con l’amministrazione.
Le guerre personali, le ripicche e i personalismi. Un divide et impera ad oltranza.
Un “Chi non è con me è contro di me” di messianica origine del tutto traviato e spinto al limite della faida.
Ecco cosa restituiremo ai posteri.
Complimenti, a tutti noi.

Davide Bellavia

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