Collesano ripiomba nel Medioevo affidandosi al “pubblico ludibrio”

“Non basta la multa, servono fermezza e rigore per l’accaduto”.

Sono le parole del sindaco di Collesano Giovan Battista Meli che confermano e rilanciano le accuse nei confronti di un pastore del luogo, reo di aver fatto pascolare il proprio gregge all’interno del cimitero della città.

L’uomo dovrà pagare una multa e ha già ricevuto una denuncia da parte dei Vigili Urbani. Nella giornata di domenica, con un post su Facebook dal profilo personale del primo cittadino, la questione è diventata di dominio pubblico. Il sindaco è indignato per la grave offesa legata al luogo sacro e definisce i fatti “medievali”. Tra i commenti spicca la parola “vergogna” nei confronti del pastore che avrebbe lasciato il gregge non custodito consentendo alle pecore di valicare i cancelli – aperti – del cimitero.

 

Non si è fermato qui Meli che nel post odierno parla di “mancata indignazione dopo tanta tolleranza”. La sua soluzione quindi, è quella di esporre al giudizio mediatico un concittadino che si era- tra l’altro – scusato per l’accaduto. “Le Istituzioni e le forze di vigilanza hanno il dovere di far osservare e affermare questi principi, senza lasciarsi intimorire da atteggiamenti e dichiarazioni che personalmente mi fanno sorridere”.
Invita poi tutti a discutere con totale libertà perché “nessuno potrà impedire l’espressione dei propri pensieri”. In virtù di questo privilegio di cui ognuno gode, svariati sono gli interrogativi che la vicenda suscita, a partire dal fatto che nessuno pare si sia domandato perché mai un gregge di pecore dovrebbe trarre sostentamento dalla conformazione artificiale di un cimitero. I loculi hanno forse il gusto di erba cipollina?

 

Ancora più impropria appare la scelta di un primo cittadino di esporre arbitrariamente al giudizio indistinto del pubblico di Facebook – ben lungi dal potersi considerare l’insieme del popolo collesanese, piuttosto un condensato di seguaci di Meli stesso e, all’occorrenza di oppositori – un soggetto impossibilitato a difendersi nella stesse sede, perché un profilo social non lo possiede.

 

Parole pesanti e concetti duri che vorrebbero richiamare all’ordine, ma che di fatto producono solo imbarazzo. Eppure Meli ha le idee chiare su quale deve essere la sua missione, far osservare principi di rispetto e libertà. Mentre il pastore di Collesano è chiamato a difendersi nei luoghi preposti delle giustizia, si consuma un altro processo, tutti contro uno, “nel pieno rispetto delle regole e delle libertà”.

 

Sofia D’Arrigo

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