Nella giornata di ieri un secondo caso di covid-19 è stato confermato a Cefalù. Si tratterebbe di un infetto “d’importazione” e non autoctono. La paziente, infatti, è una sessantenne palermitana.
In città la preoccupazione è forte, in tanti si chiedono come sia potuta arrivare fin qui nonostante i controlli e soprattutto come abbia potuto fare accesso al nosocomio cefaludese nonostante i serrati controlli e delle procedure ben definite che non lasciano spazio a libere interpretazioni.
Parrebbe che, la paziente in questione , abbia sfruttato delle sue ‘aderenze’ con un membro del personale medico-sanitario per accedere alla struttura e ottenere un controllo (magari ufficioso) per scongiurare l’ipotesi di affezione da coronavirus, dato che ne accusava tutti i sintomi.
La donna, stando a fonti verificate, pare abbia ‘girato liberamente’ per l’ospedale e esser venuta a contatto con diversi operatori – ovviamente ignari del suo quadro clinico.
In tanti adesso, all’interno della struttura ospedaliera, chiederebbero controlli,tamponi o autoquarantene che al momento, verrebbero negati in blocco.
Il personale sanitario, la città e l’intero comprensorio adesso chiedono risposte, e le chiedono subito.
Nella speranza che possa essere soltanto un’eccessiva preoccupazione indotta da questi giorni così concitati.
Il pericolo più grave, al momento, è che se le cose stanno davvero così e se soprattutto non si prendono tempestivi provvedimenti, i casi di contagio possano aumentare esponenzialmente all’interno del nosocomio e non solo, dando vita a una sorta di “ceppo autoctono” cefaludese.
Le risposte, dunque, hanno carattere di indifferibilità.