Covid19 Cefalù: il rientro dall’estero, il disinteresse della Farnesina e l’agonia dei tamponi

Nuovi casi di soggetti positivi al covid19 a Cefalù, erano all’estero in cerca di fortuna

Quella di oggi, al di là dell’incremento del numero dei positivi al coronavirus all’interno della cittadina normanna, parla anche di altro. Parla di Sud, dell’atavica assenza di opportunità lavorative, di un sistema al collasso a tutti i livelli. Dagli Affari Esteri fino all’ultima Asp locale.

Giovani che come tanti altri che tentano la fortuna all’estero

Si sa, il lavoro qui – anche da prima dell’emergenza coronavirus – è sempre scarseggiato, e quando c’è è quasi sempre mal pagato. Non è strano infatti che i giovani, proprio come fecero i loro avi, tentino la fortuna all’estero. E molto spesso ci riescono.
A quanto pare non sarebbe andata allo stesso modo per alcuni cefaludesi che – una volta giunti in terra straniera – hanno dovuto fare i conti con l’incubo del covid19.

Da quel momento in poi sarà un’Odissea per i giovani siciliani

Il paese che li aveva appena accolti vorrebbe adesso quasi sbarazzarsi di loro, la paura di un sistema sanitario diverso fa il resto e a quel punto pensano di fare ritorno in madrepatria.
Il traffico internazionale – ristretto e contingentato per l’epidemia – rende molto più difficoltoso il rientro, a quel punto i giovani ritengono di chiedere appoggio alla Farnesina che avrebbe risposto picche.
Dopo mille peripezie riescono finalmente a imbarcarsi su un aereo diretto in Italia, non importa dove. L’importante – in quel momento – è raggiungere il Bel Paese.

Prendono il primo aereo utile ma a bordo non andrà tanto meglio

Il coronavirus, almeno questo si sa, si diffonde se non si rispettano le norme di distanziamento sociale e, molto probabilmente – cronache di diversi ospedali lo raccontano – attraverso il ricircolo dell’aria.
Il velivolo purtroppo si dimostra una sorta di coltura virale volante.
Duecentoquaranta persone stipate a bordo, come se il covid non fosse mai esististo. Il terrore di ammalarsi si fa sempre più concreto. L’aereo atterra e raggiungono finalmente l’Italia.
Qui comincia il secondo capitolo della loro viaggio e del probabile contagio.
I giovani sarebbero rimasti ‘abbandonati’ per 12 ore presso uno scalo aeroportuale dello stivale.
Anche qui, per via delle condotte d’areazione, non è esattamente il posto più consigliabile per scongiurare contagi. Lo fanno presente a chi di dovere ma nulla. Solo dopo quasi un’altra giornata, raggiungeranno l’agognata meta.

E’ fine marzo e tempestivamente avvertono le autorità del loro arrivo

Passata la paura del viaggio comincia per loro il purgatorio dei tamponi. Attendono, pazientemente attendono che qualcuno li chiami, e intanto stanno in quarantena fiduciaria. Ci vorranno ancora più di 15 giorni prima che una telefonata li avverta di raggiungere un locale dell’asp ubicato nelle vicinanze di Cefalù.
Gli esiti (positivi asintomatici), sono stati comunicati – per voce del sindaco di Cefalù – soltanto ieri.

 

 

 

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