La Siria e il dilemma degli Stati Uniti

Finita l’era di George W. Bush, agli Stati Uniti si imponeva un drastico ridimensionamento della propria politica di potenza. Ma rinunciare definitivamente a quel progetto di egemonia planetaria che caratterizza la OBAMApolitica dello Stato nordamericano perlomeno a partire dalla Seconda guerra mondiale, avrebbe imposto pure un ridimensionamento della potenza economica degli Stati Uniti, con conseguenze difficilmente prevedibili, ma certo tutt’altro che vantaggiose per la potenza capitalistica predominante e per i “centri di potere” subdominanti, i cui privilegi e interessi dipendono, direttamente o indirettamente, dalla potenza degli Usa.
Del resto, non può meravigliare nessuno se, tenendo conto delle enormi spese militari degli Stati Uniti, si suole definire il grande Paese nordamericano come un Warfare State, ossia uno Stato che si basa su un gigantesco apparato bellico sia per garantire, mediante l’acquisto di sistemi d’arma sempre più costosi e sofisticati, il finanziamento necessario per lo sviluppo delle proprie imprese strategiche, sia per svolgere quel ruolo di gendarme della “comunità internazionale” che permette agli statunitensi di regolare non solo le controversie internazionali ma pure i conflitti sociali nella maggior parte dei singoli Paesi, al fine di tutelare appunto determinati “gruppi d’interesse”, che senza ombra di dubbio non possono essere identificati con i ceti sociali meno abbienti.

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