Qatar: la schiavitù come business

Il mese scorso il quotidiano inglese “The Guardian” ha reso noti i risultati di un’inchiesta sulla pratica della schiavitù in Qatar, smascherando un vero e proprio business mortale che solleva seri dubbi sulla possibilità che il paeseqatar_nepal_composite_001.30xk4vfvwfcwoccgww4kkgo84.1n4kr7rgh18gs08gcg0csw4kg.th possa essere ancora considerato idoneo ad ospitare i campionati mondiali di calcio del 2022.

I dati presentati dinanzi alla comunità internazionale sono inquietanti: quest’estate sono morti molti giovani lavoratori nepalesi, con la media di quasi uno al giorno, fra i milioni che costituiscono dopo quelli indiani il più vasto gruppo  di manodopera straniera nella penisola, verso la quale partono ogni anno in più di 100.000. Per la precisione, in base ai documenti ottenuti dall’Ambasciata Nepalese a Doha almeno 44 lavoratori sono morti tra il 4 giugno e l’8 agosto per infarti, insufficienza cardiaca o incidenti sul lavoro.  Ad oggi – secondo dati aggiornati all’inizio del mese di ottobre – il loro numero è salito a 70.

Tali cause di decesso sono spie di quelli che si configurano come veri e propri lavori forzati, con retribuzioni fantasma: i salari vengono trattenuti per mesi ed  i passaporti confiscati, per impedire agli stranieri di ritornare in patria e, al contempo, di assumere una propria identità nel paese ospitante, dove risultano vivere illegalmente.

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