Disuguaglianze

disuguaglianzaSi intuiscono, in parte si conoscono, sono i dati sulle disuguaglianze di reddito, di status, di prospettiva. Però ci è sempre più difficile capire il perché nessuno interviene per attenuare (cambiare è pretendere troppo) un fenomeno che ci sta portando verso il disastro sociale. Disastro che non interessa, e non riguarda, solo l’Italia, ma tutto l’occidente. Fermiamoci però solo all’Italia. Prendiamo in considerazione un fenomeno che allarma un pò tutti: la disoccupazione giovanile. In Italia la crisi si è tradotta per i giovani italiani in posti di lavoro più scarsi e meno sicuri, con un tasso di disoccupazione giovanile che nel quinquennio 2007-2012 è letteralmente esploso superando un terzo della forza lavoro disponibile. E’ quindi un fatto che nel nostro Paese (e anche in altri) ad avanzato sviluppo economico, viene negato alla gran parte dei giovani il diritto fondamentale ad una vita indipendente. Cosa sta succedendo? Perché non si notano significative inversioni di tendenza, da parte dei governi Italiano ed Europeo?

Per farci capire come una civiltà tecnologicamente avanzata come quella occidentale possa trovarsi indifesa di fronte a questo autentico disastro sociale, capita a proposito il “comunicato stampa” diramato dal CENSIS il 3 maggio scorso e riportato da tutta la stampa. Da esso si ricava che: “il patrimonio finanziario (escluso cioè il valore degli immobili) dei dieci italiani più ricchi è di 75 miliardi di euro, in media 7,5 miliardi ciascuno. Quello dei 2mila italiani più ricchi ammonta a 169 miliardi di euro, in media 85 milioni di euro per ciascuno. Le cifre corrispondenti per tutti gli altri italiani sono circa 3600 miliardi per il patrimonio finanziario totale e 60mila euro per quello medio pro-capite. Vale a dire che il patrimonio medio pro-capite dei dieci italiani più ricchi è oltre 100mila volte quello di tutti gli altri, e quello dei 2mila più ricchi oltre mille volte.” Un livello così alto di disuguaglianza non è tollerabile a lungo da un sistema democratico che voglia conservarsi tale perché crea un’insanabile contrapposizione di interessi tra l’uno per cento dei più ricchi e tutti gli altri.

In Italia questa contrapposizione è diventata evidente da quando l’ideologia liberista, della competitività ha occupato ogni spazio del dibattito politico e ha convinto gran parte dell’opinione pubblica ad arrendersi alla logica del mercato e pazienza se qualcuno si ritroverà senza un lavoro, senza assistenza sanitaria, senza una pensione decente, ecc. ecc.. In buona sostanza dai vari governi ci viene chiesto di fare i sacrifici che “il mercato” ci richiede. Ma noi dobbiamo chiederci che senso ha fare sacrifici per superare insieme la crisi, se farlo significa distruggere le speranze e la vita di una intera generazione? Come si fa ad ascoltare senza indignarsi, prediche sulla necessità che tutti facciano sacrifici per superare la crisi se contemporaneamente si esclude l’applicazione di una tassa patrimoniale?

Dai dati CENSIS si ricava che tassare all’1% la ricchezza finanziaria degli italiani, darebbe circa 40 miliardi di euro, pressappoco sei volte il fabbisogno finanziario (6,7 miliardi) per coprire la spesa degli 80 euro da destinare ai lavoratori (circa 10 milioni) promossa dal governo Renzi. Sempre sulla base dei dati CENSIS un prelievo dell’1% sulla ricchezza finanziaria ( cioè su fondi comuni, azioni e obbligazioni) corrisponderebbe in media a circa 600 euro pro-capite, ma i dieci contribuenti più ricchi sborserebbero in media 75 milioni di euro ciascuno. Può sembrare un esborso pesante, ma ricordiamoci che sarebbe richiesto a soggetti che rimarrebbero sempre in possesso del 99% del loro patrimonio. Quindi il loro sarebbe un sacrificio molto meno pesante di quello di un capo famiglia disoccupato che deve mettere assieme il pranzo con la cena.

Concludendo, parlare di disuguaglianze vuol dire considerare lo stato non come un’azienda che deve competere con altre (tema molto caro a Berlusconi) ma come il risultato di un patto sociale. Non scritto ma praticato. Un futuro migliore per questa generazione che sta per soccombere ci può ancora essere, ma dovremmo davvero tutti assieme provare a costruirlo senza nasconderci dietro leggi economiche valide solo in un mondo ideale.

 Valerio Dalle Grave

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