Lapunzina con le spalle al muro per scongiurare il dissesto

Su cefalù e i cefaludesi piomba nuovamente lo spettro dissesto. Un rischio a cui – come in tutte le ‘catastrofi’ – non si dovrebbe mai essere abituati ma a cui, come nella favola attribuita ad Esopo (Al lupo! Al lupo!) si rischia di abituarsi.
Così questa volta, nella trasposizione in salsa cefaludese, a vestire i panni di “lupi rapaci” sono i creditori che, descritti come una sorta di folla inferocita con tanto di torce e forconi, avrebbero assediato il municipio pretendendo tutto l’oro delle pingui casse comunali.

Per fortuna i fatti sembrano essere andati in un altro modo. Tra debitori e creditori vi sarebbe stato infatti un accordo sulla restituzione delle somme, compromesso che si sarebbe raggiunto tenendo conto delle difficoltà finanziarie dell’ente. Dunque volenti o nolenti, in questa scelta si legge la volontà di almeno una delle parti di andare incontro all’altra. Eppure qualcosa deve essere andato storto, poiché dei conferimenti promessi “l’orda di creditori” ha visto soltanto una minima parte. Non volendo, e non dovendo, mettere in dubbio la correttezza delle parti chiamate in causa non si può fare a meno di chiedersi se tali patti non siano stati proposti con una certa leggerezza. Infatti risulta difficile pensare – ammettendo che possa succedere – che un padre di famiglia (con la sua nota diligenza) possa rinegoziare un debito prevedendo un esborso mensile che sa per certo la sua famiglia non potrà sostenere. E se pur così fosse, non dovrebbe che prendersela con se stesso.

Lapunzina, giunto al giro di boa del suo mandato, potrà ancora scaricare le responsabilità del dissesto ai suoi predecessori? Sarà dello stesso avviso la Corte dei Conti? La stessa cui, lo scorso maggio, fu proposto da Lapunzina un piano decennale di riequilibrio che dopo appena sei mesi risulta inadatto?
Fra i tanti piani di rientro, fondi di rotazione e piani di riequilibrio, un interrogativo resta nelle menti di tanti: Cui prodest?
A cosa serve ancora questo accanimento terapeutico quando la cura sembra far più male della malattia stessa?

Solo un fatto di formalismi: dieci anni di disperata agonia pur di non chiamarlo dissesto a meno che, Corte dei Conti ma prima ancora i consiglieri d’opposizione nella seduta di giorno 20 convocata dai revisori dei conti per rimodulare il piano di rientro, non decidano per il colpo di grazia. Conferendo, almeno nel momento finale la giusta dignità a quella che un tempo fu la Perla del Tirreno.

POTREBBE INTERESSARTI

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *