Cefalù, accoglienza profughi da parte della diocesi: c’è chi dice no

Due giorni fa, mentre la questione “Diciotti” animava tutti i dibattiti e la cattolica Irlanda decideva di farsi in parte carico, insieme all’Albania, dei profughi a bordo della nave in questione, il vescovo Marciante – attuale presule della Diocesi di Cefalù – ha affidato ai social network il suo appello “Un’occasione di incontro con Cristo, questo può essere l’accogliere di chi è venuto a cercare una speranza in questa terra”.
“Come Chiesa viva, allora – continua il Vescovo – apriamo le porte della nostra diocesi. Abbiamo case e istituti religiosi vuoti, anche in buone condizioni. Ottimi per dare accoglienza a questi nostri fratelli. Mettiamo in pratica il Vangelo di Gesù”.

A questa netta presa di posizione – peraltro condivisa da altri vescovi – non si sono fatte attendere le polemiche, più o meno velate, di chi non è d’accordo.

La levata di scudi del “fronte del no” porta con sé argomentazioni che sono difficilmente ascrivibili nella – becera – xenofobia ma al contrario, pone seri interrogativi sull’integrazione e la gestione di quanti saranno accolti presso le strutture diocesane.

In tanti temono ricadute negative sul fronte del turismo volano – piaccia o no dell’economia cefaludese.

A turbare i sonni di tanti sono i possibili effetti negativi sulla sicurezza (sia percepita che reale) dei cittadini e dei turisti.

Probabilmente questo gesto, pur nella piena autonomia di cui gode la Chiesa, e soprattutto nella più sincera carità Cristiana che li ha mossi, andava meglio concertato con le componenti sociali della comunità che –  di fatto – si appresta ad accoglierli.

Più netta la presa di posizione di un rappresentante cittadino del partito del vice premier (Lega), il quale a mezzo social afferma: “Lei – il vescovo ndr – può prenderne anche 5mila di clandestini ed allocarli dove preferisce purché la diocesi si impegni coi cittadini cefaludesi, firmando un documento nel quale si fa carico di tutte le responsabilità che derivano dall’ingresso di queste persone nel nostro territorio, sulle ricadute nel comparto turistico e tutti i danni diretti e indiretti che potrebbero essere commessi da queste persone.”

“Un anno fa – continua il rappresentante leghista – chiesi a un sacerdote di ospitare una ragazza madonita vittima di sfratto e madre di quattro figli di cui uno in fasce, mi fu detto di no. A questo punto mi chiedo cosa abbia fatto cambiare idea a Santa Romana Chiesa”.

In effetti sono in molti a chiedere una presenza più costante e concreta sui problemi che affliggono famiglie e fedeli locali, che spesso, nel silenzio delle loro mura domestiche, vivono momenti di abbandono e di estrema difficoltà.

Ma questa è un’altra storia.

 

 

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