Lido Poseidon, condannato proprietario di fatto: la struttura andrà demolita

Ultimo capitolo dell’annosa questione giuridica che ha visto coinvolto l’imprenditore cefaludese Giovanni Cimino per gli abusi edilizi della struttura Lido Poseidon del Lungomare Giardina di Cefalù.

Si chiude con la condanna al proprietario di fatto della struttura: il gip Claudia Camilleri ha deciso per la pena di 11 mesi di arresto e 39 mila euro di multa. La decisione arriva dopo quattro anni dall’apertura dell’inchiesta avviata nell’aprile 2015 dal commissario di Polizia della città Manfredi Borsellino.

Varie vicissitudini hanno interessato l’inchiesta, come il sequestro del lido e vari ricorsi. A Cimino è stata concessa la sospensione condizionale della pena, subordinata però alla demolizione degli abusi. La richiesta iniziale del pm Paolo Napolitano era una condanna per Giovanni Cimino a 3 anni di reclusione e 45 mila euro di multa.

Cimino era accusato di avere “realizzato opere sul lido “sul presupposto, rivelatosi poi infondato, dell’imminente rilascio di una nuova concessione che le avrebbe autorizzate”. Alcune di queste opere erano state parzialmente rimosse ma la Soprintendenza ai Beni culturali ha nel frattempo revocato in autotutela il nulla osta precedentemente rilasciato ai gestori del lido perché la struttura balneare nel suo complesso determinerebbe una “barriera visiva che impedisce la continuità della veduta del litorale”.

“Noi come avevamo detto avevamo assoluta consapevolezza di quello che sarebbe stato l’esito di questo processo – commenta l’avvocato di Cimino, Giovanni Condello – Non sono stati ascoltati i testimoni che avevamo richiesto, non hanno tenuto conto dei provvedimenti favorevoli già espressi sulla vicenda dallo stesso tribunale, non hanno voluto aspettare il giudizio della Cassazione sulla ricusazione. E quindi questa è la decisione. Confidiamo sulla decisione della Corte di Cassazione e sul giudizio di appello dove siamo sicuri di sovvertire l’odierno giudizio, rispetto ad un soggetto processato per errore perché estraneo alla condotta e per dirla come nella sentenza del Dottor Stuppia dove le inadempienze della pubblica amministrazione, che potrebbero avere indotto in errore il cittadino, ricadere su quest’ultimo fondandone una propria responsabilità.”

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